"Il tempo era bellissimo e freddo, soprattutto negli
ultimi giorni. Io mi ero coricato da 10 minuti, allorché verso le 10:15
udii un piccolo urto; poi un secondo, ma non abbastanza serio da preoccupare
alcuno. Però le macchine si fermarono. Salii sul ponte e vi trovai altri
passeggeri venuti come me a sapere perché il piroscafo si era fermato; ma
nessuno sembrava preoccupato. Attraverso le finestre del fumoir vedemmo
alcuni passeggeri che giocavano a carte. Entrammo per chiedere loro se
sapevano ciò che era avvenuto: sembrava che essi avessero sentito un urto
un po' più forte e che avessero visto passare presso il TITANIC un'enorme
montagna di ghiaccio. Pensarono che noi avessimo toccato di fianco. I
giocatori continuarono la loro partita a carte, senza pensare ad un
disastro. Mi ritirai nella mia cabina e non rividi alcuno dei giocatori né testimoni dell'urto.
Un po' più tardi, udendo altri passeggeri salire sul ponte, mi vi recai di
nuovo pure io, e trovai che il TITANIC inclinava a prua. Ridiscesi e terminai
di vestirmi. In questo mentre udii gridare l'ordine: "Tutti i
passeggeri sul ponte, con la cintura di salvataggio".
Salimmo con calma, minuti di cintura. La nave era assolutamente immobile.
Non si vedeva alcuna traccia di accidente. Credemmo che il TITANIC
stesse per continuare la sua marcia da un momento all'altro, dopo qualche
piccolo accidente che sarebbe stato facilmente riparato. Un momento più
tardi vedemmo i marinai togliere le cinture dalle scialuppe di salvataggio e gli
equipaggi prendere posto sui fianchi tenendo le corde, pronti a calarle in
acqua. Allora cominciammo a comprendere che la cosa era più seria di quanto
si fosse creduto; poi udimmo dare l'ordine a tutti gli uomini di ritirarsi
dalle scialuppe ed a tutte le donne di scendere dal ponte B. Gli uomini si
ritirarono e rimasero in un silenzio assoluto. Le scialuppe furono sciolte e
portate all'altezza del ponte B. Le donne vi presero posto senza confusione,
salvo alcune, che rifiutarono di lasciare i loro mariti. Qualcuna fu
ugualmente strappata al marito, e spinta nelle scialuppe.
Vedemmo le scialuppe toccare l'acqua, e scomparire nelle tenebre. Le
operazioni continuarono senza disordine. Non vi è stato alcun panico e
nessuna donna fu colta dagli immancabili attacchi isterici.
Di fronte al pericolo imminente, si procedette così lentamente che è
meraviglioso che tutti abbiano conservato il sangue freddo. Ad una ad una le
scialuppe furono riempite di donne e di bambini e scomparvero nella notte.
Più tardi fu dato l'ordine agli uomini di entrare nelle scialuppe di tribordo,
io ero a sinistra, e poco dopo udii una voce: "Vi sono ancora
donne?". Guardando sopra il bordo, vidi la scialuppa numero 13 sospesa al
livello del ponte B ed a metà piena di donne. Qualcuno dell'equipaggio mi
vide e mi chiese: "Vi sono donne sul vostro ponte?". Io risposi:
"No". Il marinaio allora disse: "Voi potete saltare".
Caddi nel fondo della scialuppa che cominciava a scomparire. Due signore furono
spinte attraverso la folla del ponte B: io entrai nella scialuppa seguito da un
bambino di 10 anni. Avemmo un momento di ansietà prima di toccare
l'acqua: non avevamo visto né ufficiali, né sottoufficiali nella nostra
scialuppa e neppure marinai che sapessero prenderne il comando. Un
macchinista gridò: "Qualcuno provi l'apparecchio, che trattiene la
scialuppa alle corde": ma nessuno seppe trovarlo. Noi lo cercammo a
tastoni nella notte: era difficile muoversi con 60 o 70 persone
nella scialuppa. Ad un tratto vedemmo la scialuppa numero 14 che stava per discendere
direttamente su di noi, e minacciava di sommergerci. Il nostro equipaggio
gridò: "Fermate la 14!". L'equipaggio della scialuppa numero 14 gridò ugualmente,
ma l'altezza della scialuppa era di 60 piedi e le corde circolanti impedivano
alla voce di farsi udire. La scialuppa discendeva sempre: 15 piedi; poi
10, poi 5. Un macchinista ed io arrivammo a toccare il battello: ma
prima che egli fosse caduto, un altro macchinista ci si slanciò contro e
con un colpo di coltello recise le corde. La scialuppa numero 14 scese nelle acque
nella località ove eravamo un momento prima.
Dapprima vi fu una lunga discussione: eravamo incerti sulla via da seguire,
e decidemmo di nominare capitano il macchinista che teneva il timone e di
seguire i suoi ordini. Egli cominciò a navigare in modo da cercare di
trovare altre scialuppe e di avvicinarsi il più possibile affinché, allorché fossero venuti a cercarci la mattina, maggiori fossero le
probabilità di trovarci tutti. Era una bella notte stellata senza luna, il
mare era calmo.
Ad una certa distanza il TITANIC sembrava enorme. I saloni
erano illuminati; era impossibile credere che potesse capitare un disastro.
Verso le due vedemmo il TITANIC affondare rapidissimo nel mare. Prima
che il ponte fosse completamente sommerso il TITANIC s'innalzò verticalmente
per tutta la sua lunghezza. I lumi che avevano fino ad allora brillato si
spensero; le macchine ruzzolavano attraverso la nave, con un rumore che si
sarebbe potuto udire a parecchie miglia lontane. E non doveva essere ancora
la fine delle nostre meraviglie. Il TITANIC rimase nella posizione
verticale e forse per 5 minuti vedemmo almeno 150 piedi della nave
alzarsi sopra il livello del mare, diretta contro il cielo; poi
precipitando obliquamente disparve sott'acqua. Il suono più spaventoso
che giungeva al nostro orecchio era il grido di centinaia di persone
lottanti nell'acqua ghiacciata, con la speranza di essere salvati, grido che
non ebbe risposta. Avremmo desiderato vivamente portare soccorso a coloro
che annegavano, ma sapevamo che facendolo avremmo fatto capovolgere la
nostra scialuppa e tutti quanti avremmo perduto la vita".
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