Miti da sfatare |
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La storia del TITANIC
è una delle più famose del '900 e certamente la ricchissima fioritura di
film, attorno alla sua tragica vicenda, ha alimentato numerose leggende
alcune delle quali non propriamente corrispondenti alla realtà. |
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Si narra che l'ultimo ordine, o quantomeno uno degli ultimi, impartito dal Capitano Edward John Smith sia stato rivolto all'indirizzo dei musicisti che, fino al momento dell'inabissamento, avrebbero suonato le note che potete ascoltare in sottofondo Nearer, My God, to Thee, inno caro peraltro (come si seppe poi) al direttore dell'orchestra Wallace Hartley. A prescindere dalle oggettive difficoltà di utilizzare gli strumenti su una nave sempre più inclinata, in realtà le testimonianze dei superstiti in proposito furono estremamente discordanti, poiché alcuni passeggeri riferirono che nell'aria si diffondevano le note di balli popolari ed altri ancora del ragtime. Effettivamente, nessuno dei suonatori si salvò ma, senza dubbio, l'impossibilità di ricostruire con esattezza tanti significativi particolari di quegli istanti convulsi ha giocato un ruolo fondamentale nell'optare per questa sorta di "licenza poetica" utilizzata prima in un film del 1958 (TITANIC, Latitudine 41° Nord) e successivamente ripresa da James Cameron nel suo TITANIC del 1997. |
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Quell'immagine "stoica" dell'epoca del gentleman era troppo suggestiva perché se ne indagasse la veridicità: così come, allo stesso modo, a proposito della morte del Capitano Smith, di cui non si sa praticamente nulla, si preferisce ricordarla associata a gesti di infinito eroismo ed estrema generosità a costo della propria stessa vita. In verità, le terribili negligenze compiute dallo stesso Capitano giocarono un ruolo fondamentale nell'incidente del transatlantico (rimpasto dell'equipaggio all'ultimo momento, marconigrammi non letti, il non aver fatto ridurre la velocità in condizioni di potenziale pericolo ghiacci). E che dire poi, nelle fasi successive all'impatto, che il Capitano Smith non fu in grado di coordinare l'emergenza correttamente: basti pensare al fatto che inizialmente le scialuppe vennero calate in mare con pochissimi passeggeri, la prima con 28 persone, la seconda con addirittura 12 occupanti a fronte dei 65 posti disponibili. Tutto questo avrebbe infranto il mito del Capitano Smith che, in verità, stando ai racconti di molti, ad un certo punto sarebbe semplicemente scomparso nel nulla. Probabilmente troppo tardi comprese come le sue leggerezze erano state fatali. E preferì ritirarsi. |
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Se la morte del Capitano Smith ha in un certo
qual modo contribuito a farne dimenticare le colpe, per il superstite Joseph
Bruce Ismay la clemenza non fu la medesima: le responsabilità
dell'amministratore delegato della White Star Line apparvero immediatamente
in tutta la loro gravità, creando così il mito del vigliacco che non aveva
adeguatamente badato alla sicurezza dei propri passeggeri. Partendo da ciò,
nacquero leggende sul suo ignobile e villano comportamento a bordo, quando
avrebbe cercato in ogni modo di darsi alla fuga sulla prima scialuppa,
ignorando l'ordine di dare la precedenza a donne e bambini: nella realtà le
cose andarono un po' diversamente, dal momento che Ismay si calò su di una
delle ultime delle imbarcazioni di salvataggio (canotto C, messo in mare
alle 1:40) dopo aver aiutato a coordinare i soccorsi. Però, la vergogna di
essere scampato al naufragio lo accompagnò per il resto dei suoi giorni. |
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La questione se i
cancelli di terza classe fossero chiusi è ancora molto controversa.
Comunque leggendo qualche testimonianza posso benissimo dichiarare,
qualora, ce ne fosse ancora bisogno, che è mia opinione che tali
inferriate fossero sistematicamente chiuse al momento del naufragio e
che parecchie centinaia di persone rimasero intrappolate nei bassifondi
del TITANIC. |
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la "Scotland Road" (clicca per ingrandire) |
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L'equipaggio (eccezion fatta per gli steward e gli ufficiali) aveva accesso ai ponti superiori solamente attraverso delle scale proprie. Però nei concitanti momenti dell'abbandono della nave, degli uomini dell'equipaggio furono visti salire le scale del ponte che sbucava proprio davanti ai locali di prima classe, quindi la stessa cosa cercarono di fare dei passeggeri di terza classe. |
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Daniel Buckley |
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Ed ecco qui allora la testimonianza del passeggero Daniel Buckley (colui che vediamo sopra in immagine e che si salvò in quanto vestito da donna!). Il 21enne ragazzo irlandese riferì che alcuni membri dell'equipaggio "hanno provato a trattenerci sul ponte passeggiata di terza classe. Io non so chi fossero, pensai fossero dei marinai. Quando una persona salì la scala dell'interponte, fu allora che quando superò un cancelletto basso, qualcuno gli si avvicinò e la buttò giù dalle scale. Poi questo passeggero s'innervosì e corse dietro l'uomo senza però poterlo trovare. Quindi saltò il cancelletto, posto in cima alla scala che portava al ponte di prima classe. C'erano una decina di gradini per accedere a questo ponte ed il cancello era chiuso. Quando cercai di provare a scavalcarlo un marinaio lo aveva già richiuso a chiave." |
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Anna Turja |
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A poppa della nave un gruppo, in cui si trovava anche la giovane ragazza finlandese Anna Turja, che vediamo sopra nella fotografia, decise all'istante di guadagnare subito il ponte delle imbarcazioni. E' la stessa Anna che raccontò che "essi salirono una scala esterna che dava accesso alla zona di seconda classe. Lì un uomo dell'equipaggio disse loro di ridiscendere ma essi rifiutarono di obbedire e proseguirono il loro cammino. Fu dopo il loro passaggio che il marinaio aveva chiuso a chiave il cancello di accesso". |
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