Miti da sfatare



La storia del TITANIC è una delle più famose del '900 e certamente la ricchissima fioritura di film, attorno alla sua  tragica vicenda, ha alimentato numerose leggende alcune delle quali non propriamente corrispondenti alla realtà.
La dolorosa circostanza del TITANIC ha accresciuto negli anni prima le indagini ufficiali (volte a stabilire le responsabilità), poi gli studi accurati (per approfondire le numerose questioni legate al più celebre dei transatlantici), infine le ricerche per individuare i luoghi del relitto (nel tentativo di recuperarne, attraverso gli oggetti, frammenti di quei drammatici attimi). Anche la filmografia in proposito è stata ricchissima, contribuendo a tessere le trame di un racconto che, col trascorrere degli anni, è diventato sempre più romanzesco, ricco anche di dettagli "cinematografici" che, nel tempo, hanno assunto coloriture di volta in volta maggiormente realistiche. A queste si sono anche affiancate le ipotesi di complotto, tra le quali certamente un posto privilegiato spetta ad una prima teoria secondo cui il transatlantico "doveva affondare" oppure quella secondo la quale il TITANIC non sarebbe mai affondato, continuando a navigare indisturbato per oltre trent'anni sotto il falso nome della sua nave gemella, l'Olympic.
Ecco dei miti da sfatare a proposito del TITANIC.
Probabilmente la più famosa tra le leggende spuntate attorno al TITANIC è quella relativa al suo soprannome: "unsinkable", inaffondabile. E' vero che, effettivamente, il mondo nutriva illimitata fiducia nei confronti di un transatlantico che si pensava essere stato costruito secondo le più avanzate innovazioni tecnologiche del tempo ma è ugualmente importante sottolineare come quell'attributo sia stato il frutto di una suggestione, solo successivamente assurta a realtà storica. Fu la stampa dell'epoca che investì dell'aggettivo "inaffondabile" la nave destinata al più tragico dei naufragi e quelli della White Star Line, nelle loro vesti di amministratori e costruttori, non fecero nulla per smentire tali dichiarazioni, così tanto sensazionali.


 


L'"inaffondabile"


 

Si narra che l'ultimo ordine, o quantomeno uno degli ultimi, impartito dal Capitano Edward John Smith sia stato rivolto all'indirizzo dei musicisti che, fino al momento dell'inabissamento, avrebbero suonato le note che potete ascoltare in sottofondo Nearer, My God, to Thee, inno caro peraltro (come si seppe poi) al direttore dell'orchestra Wallace Hartley. A prescindere dalle oggettive difficoltà di utilizzare gli strumenti su una nave sempre più inclinata, in realtà le testimonianze dei superstiti in proposito furono estremamente discordanti, poiché alcuni passeggeri riferirono che nell'aria si diffondevano le note di balli popolari ed altri ancora del ragtime. Effettivamente, nessuno dei suonatori si salvò ma, senza dubbio, l'impossibilità di ricostruire con esattezza tanti significativi particolari di quegli istanti convulsi ha giocato un ruolo fondamentale nell'optare per questa sorta di "licenza poetica" utilizzata prima in un film del 1958 (TITANIC, Latitudine 41° Nord) e successivamente ripresa da James Cameron nel suo TITANIC del 1997.


 


Nearer, My God, to Thee


 

Quell'immagine "stoica" dell'epoca del gentleman era troppo suggestiva perché se ne indagasse la veridicità: così come, allo stesso modo, a proposito della morte del Capitano Smith, di cui non si sa praticamente nulla, si preferisce ricordarla associata a gesti di infinito eroismo ed estrema generosità a costo della propria stessa vita. In verità, le terribili negligenze compiute dallo stesso Capitano giocarono un ruolo fondamentale nell'incidente del transatlantico (rimpasto dell'equipaggio all'ultimo momento, marconigrammi non letti, il non aver fatto ridurre la velocità in condizioni di potenziale pericolo ghiacci). E che dire poi, nelle fasi successive all'impatto, che il Capitano Smith non fu in grado di coordinare l'emergenza correttamente: basti pensare al fatto che inizialmente le scialuppe vennero calate in mare con pochissimi passeggeri, la prima con 28 persone, la seconda con addirittura 12 occupanti a fronte dei 65 posti disponibili. Tutto questo avrebbe infranto il mito del Capitano Smith che, in verità, stando ai racconti di molti, ad un certo punto sarebbe semplicemente scomparso nel nulla. Probabilmente troppo tardi comprese come le sue leggerezze erano state fatali. E preferì ritirarsi.


 


Capitano Edward John Smith


 

Se la morte del Capitano Smith ha in un certo qual modo contribuito a farne dimenticare le colpe, per il superstite Joseph Bruce Ismay la clemenza non fu la medesima: le responsabilità dell'amministratore delegato della White Star Line apparvero immediatamente in tutta la loro gravità, creando così il mito del vigliacco che non aveva adeguatamente badato alla sicurezza dei propri passeggeri. Partendo da ciò, nacquero leggende sul suo ignobile e villano comportamento a bordo, quando avrebbe cercato in ogni modo di darsi alla fuga sulla prima scialuppa, ignorando l'ordine di dare la precedenza  a donne e bambini: nella realtà le cose andarono un po' diversamente, dal momento che Ismay si calò su di una delle ultime delle imbarcazioni di salvataggio (canotto C, messo in mare alle 1:40) dopo aver aiutato a coordinare i soccorsi. Però, la vergogna di essere scampato al naufragio lo accompagnò per il resto dei suoi giorni.
L'immagine del vile armatore e dell'eroico Capitano, l'uno sopravvissuto e l'altro perito eroicamente è senza dubbio la più emotivamente suggestiva: ma è interessante sapere che è stata alimentata anch'essa soprattutto grazie ad un film tedesco del 1943 commissionato dal Ministro per la propaganda del Reich Joseph Goebbels in cui il meschino uomo d'affari con il delirio di onnipotenza impone al Capitano di andare imprudentemente a tutta velocità, pur essendo consapevole della presenza degli iceberg. Un ritratto da villano che molto è piaciuto alla cinematografia successiva perché si sa, con il TITANIC, molto spesso si è preferito ritoccare un po' la realtà per renderla ancora più simile alle proprie fantasie, ai propri miti, ai sogni di eroismo e di età dell'oro sparite per sempre.
E del resto, il mito dell'"inaffondabile" si prestava immensamente allo scopo.


 


Joseph Bruce Ismay


 

La questione se i cancelli di terza classe fossero chiusi è ancora molto controversa. Comunque leggendo qualche testimonianza posso benissimo dichiarare, qualora, ce ne fosse ancora bisogno, che è mia opinione che tali inferriate fossero sistematicamente chiuse al momento del naufragio e che parecchie centinaia di persone rimasero intrappolate nei bassifondi del TITANIC.
Come su tutte le navi, anche sul TITANIC erano stati disposti dei cancelli o barriere mobili in diversi punti di passaggio. Questi "ostacoli" avevano il preciso scopo di impedire ai passeggeri di accedere a determinate zone di lavoro dell'equipaggio o di manovra della nave. In seguito vennero installati principalmente come separazione tra i ponti od ai locali delle diverse classi: vi furono dunque cancelli tra la prima e la seconda classe, tra la seconda e la terza, e tra la prima e la terza classe.
All'esterno, i passeggeri di terza classe non avevano accesso che a due ponti, uno verso la prua e l'altro dietro verso poppa; delle limitazioni d'accesso erano poste su questi ponti.
E' altrettanto vero però che queste restrizioni furono imposte anche dalla legislazione degli Stati Uniti circa il trasporto di passeggeri immigranti, normative che imponevano alle compagnie di navigazione, di installare delle cancellate per avere una netta separazione tra i passeggeri durante le attraversate verso l'Atlantico. Questo lo potete anche leggere nelle F. A. Q., a cui rimando.
La chiusura di questi cancelli era controllata da degli stewart, i quali agivano sotto l'autorità dei due capitani d'armi Henry Joseph Bailey e Thomas Walter King
e del comandante in seconda, ossia Henry Tingle Wilde.
Sappiamo che l'equipaggio aveva dei corridoi ben definiti dove muoversi all'interno del TITANIC, la "Scotland Road" (sita nel ponte E e destinata in modo esclusivo ai membri dell'equipaggio) e la "Park Lane" (quest'ultima destinata solamente agli ufficiali), come erano stati nominati questi lunghissimi corridoi, che correvano da un capo all'altro del TITANIC e che permettevano agli uomini dell'equipaggio di non mescolarsi agli altri passeggeri.


 

la "Scotland Road"
(clicca per ingrandire)

 

L'equipaggio (eccezion fatta per gli steward e gli ufficiali) aveva accesso ai ponti superiori solamente attraverso delle scale proprie. Però nei concitanti momenti dell'abbandono della nave, degli uomini dell'equipaggio furono visti salire  le scale del ponte che sbucava proprio davanti ai locali di prima classe, quindi la stessa cosa cercarono di fare dei passeggeri di terza classe.


 

Daniel Buckley

 

Ed ecco qui allora la testimonianza del passeggero Daniel Buckley (colui che vediamo sopra in immagine e che si salvò in quanto vestito da donna!). Il 21enne ragazzo irlandese riferì che alcuni membri dell'equipaggio "hanno provato a trattenerci sul ponte passeggiata di terza classe. Io non so chi fossero, pensai fossero dei marinai. Quando una persona salì la scala dell'interponte, fu allora che quando superò un cancelletto basso, qualcuno gli si avvicinò e la buttò giù dalle scale. Poi questo passeggero s'innervosì e corse dietro l'uomo senza però poterlo trovare. Quindi saltò il cancelletto, posto in cima alla scala che portava al ponte di prima classe. C'erano una decina di gradini per accedere a questo ponte ed il cancello era chiuso. Quando cercai di provare a scavalcarlo un marinaio lo aveva già richiuso a chiave."


 

Anna Turja

 

A poppa della nave un gruppo, in cui si trovava anche la giovane ragazza finlandese Anna Turja, che vediamo sopra nella fotografia, decise all'istante di guadagnare subito il ponte delle imbarcazioni. E' la stessa Anna che raccontò che "essi salirono una scala esterna che dava accesso alla zona di seconda classe. Lì un uomo dell'equipaggio disse loro di ridiscendere ma essi rifiutarono di obbedire e proseguirono il loro cammino. Fu dopo il loro passaggio che il marinaio aveva chiuso a chiave il cancello di accesso".


 
Tutti i testi nel sito www.titanicdiclaudiobossi.com sono di proprietà intellettuale di claudio bossi. Non è permesso a terzi copiare, modificare, ripubblicare o comunque sfruttare i sopraccitati testi del sito senza preventiva autorizzazione scritta da parte di claudio bossi.
 

TITANIC di claudio bossi - TORNA ALLA HOME PAGE